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UHM

5-9 ottobre 2018

O’Dirk presenta “UHM”, un progetto artistico volto ad indagare la sfera del dubbio tra installazioni e azioni performative. Il dubbio è uno stato soggettivo d’incertezza, è una condizione mentale, che non si può limitare all’ambito psicologico, e che per questo si riversa anche sullo stesso stato fisico e addirittura sulla sfera sociale e comportamentale. In questa particolare condizione si mette in discussione una verità o un enunciato o addirittura si cessa di credere a una certezza. Il dubbio rimane però uno stato intermedio, un limbo ma d’altra parte un passaggio obbligato.“UHM” è un progetto molto personale, che appartiene a ognuna di noi in modo differente, che nasce dalle esperienze di questo periodo di transizione in cui vediamo il realizzarsi di un progetto sul quale lavoriamo da anni ma anche l’incognita della sua riuscita.

“Pendule”, Elisa Diaferia Installazione : sfera in acciaio inox, piombo, cavo in acciaio, lastre di alluminio (100×50), piattine di alluminio

La prima stanza ospita “Pendule” di Elisa Diaferia, un’istallazione dinamica che si sviluppa al centro dell’ambiente, estendendosi fino al soffitto. L’opera è ispirata all’esperimento scientifico condotto da Foucault nel 1851 e presentato al pubblico a Parigi all’interno della cupola del Pantheon. L’esperimento scientifico, originariamente funzionale alla dimostrazione della rotazione terrestre, viene qui scardinato e il suo ondeggiare non è più finalizzato a trovare una certezza, una verità scientifica, ma destinato ad un perpetuo movimento tra due idee, due poli, due iscrizioni. Lo stesso movimento intrinseco dell’opera vuole mettere in atto le dinamiche del dubbio, di costante oscillazione e indecisione, in questo caso tra la sfera della ragione e quella dell’istinto, termini essenziali del pensare, fare e comprendere. Le iscrizioni però non sono antipodi, non si mostrano come un aut aut, bensì come complementari, l’una non va ad escludere l’altra, entrambe si comprendono vicendevolmente. Quest’opera site specific è da considerarsi come un progetto contenente un processo di maturazione ed evoluzione: un’“opera di formazione”.

 

(  ) , Giulia Wetter Performance: Tavolo da ping pong con 300 palline bianche, luce al neon, tutta la durata della mostra

Nella seconda stanza ha luogo la performance (  ) ideata da Giulia Wetter, l’atto consiste nel “moto perpetuo” di un giocatore assorto in un match con se stesso. Il performer è avvolto in un limbo meditativo nel quale l’oggetto stesso del suo pensare è costantemente variabile ma inconcludente, come il gioco e la prestazione fisica annessa. La figura rimane intenta nel suo fare dando le spalle al pubblico, gli spettatori non possono entrare nella sua “bolla” contemplativa e superare la distanza fisica che si crea nell’accesso alla stanza, ma si limitano ad osservarlo, come fosse in vetrina. L’azione è ripetitiva ma allo stesso tempo dinamica e la fatica dello sforzo è l’unico riferimento temporale. Il limbo invariabile e perpetuo costringe alla realizzazione di una considerazione senza origine ne fine. L’opera è da considerarsi parte di una serie di progetti performativi volti a indagare il rapporto tra spazio e tempo in un’azione inconcludente nella quale l’unica certezza rimane il corpo e la sua reazione allo sforzo e agli avvenimenti.

Via E. Tellini, 17 Milano